L'iniziativa - Viene raccontato da operai e attori il «delitto» di Flumeri Il video cliccato e commentato
DAL MATTINO DI AVELLINO 24 agosto 2011
«Delitto Irisbus», un video che è più di una provocazione. E' uno schiaffo a chi non vuol sentire, una miccia da accendere e far scorrere lungo il filo dell'indifferenza, pubblica e mediatica, utilizzando il canale dei video, assai cliccato soprattutto dai giovani.
Lanciato in rete da due giorni, lo spot, di tre minuti circa, mette in scena la vicenda Irisbus, ricostruendola come un caso di cronaca nera. Chiaro l'intento: se sono i casi di Cogne, Avetrana, Scazzi e Rea a far più notizia, è il caso forse di utilizzare la metafora dell'omicidio per rendere degna l'Irisbus di uno spazio informativo di carattere nazionale.
Dunque, non manca la sensazionalità nel raccontare questa vicenda, questo dramma irpino che sembra non avere l'attenzione che merita.
Il video, che si può guardare cliccando sull'indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=hRKzsJWnj14&feature=youtu.be comincia mostrando un cadavere davanti ai cancelli dello stabilimento di Flumeri.
Circa 50 comparse, figuranti reali,tra cui operai,forze dell'ordine e sindacati. E'una giornalista, interpretata dall'attrice avellinese Chiara Mazza, che in uno stand-up, annuncia il ritrovamento mentre indica, alle telecamere, il corpo senza vita dell'operaio ricoperto da un telo bianco. «Un regolamento di conti, problemi sentimentali? Ancora non si conoscono-dice la giornalista- i moventi dell'efferato delitto che si è consumato qui, a Flumeri...e che ha turbato la tranquillità di questa ridente fabbrica dove ogni giorno 700 lavoratori raggiungono il loro posto di lavoro...».
Sulla scena si intravedono gli esperti della Scientifica delle forze dell'ordine che effettuano i primi rilievi. Subito dopo il suono delle sirene annuncia l'arrivo di un’ambulanza, dove la salma verrà caricata. Mentre la barella viene introdotta nel veicolo, il braccio della vittima scivola da sotto il lenzuolo. C'è un tatuaggio, una scritta in maiuscolo a grandi lettere: IRISBUS. Le porte si chiudono e l'ambulanza procede la sua corsa. Le telecamere si spostano per mostrarne l'interno. Il lenzuolo si smuove ed è l'operaio-vittima a parlare: «Cari amici-dice «risorgendo»-non è il ballo il destino di un solo uomo ma quello di 700 operai e 2000 dell'indotto che stanno perdendo il posto di lavoro. Quello che stiamo raccontando non è un omicidio ma una strage di speranze. Questa è la fine per l'intera Alta Irpinia». Lo spot si chiude lanciando il suo provocatorio slogan: «700 operai Irisbus, 2000 operai dell'indotto Fiat, 3000 famiglie. Con l'Irisbus muore anche l'Irpinia». Un messaggio che dovrebbe colpire e sensibilizzare.
Nato da un'idea del giovane regista Roberto Flammia e di Carmine Caracciolo dell'associazione Irpiniattiva, il video è stato realizzato con la collaborazione della Pubblica Assistenza di Gesualdo. Alla macchina da presa Pino Biancardo, alla fotografia Vincenzo Fulchini, al trucco Lucia Forgione. Tutti gesualdini. Il popolo della rete e dei social network sta già diffondendo con velocità il video.L'ambizione dei promotori è raggiungere gli spazi mediatici dei telegiornali e dei programmi televisivi nazionali affinché il silenzio sul «Delitto Irisbus» venga colmato da una corretta ed equilibrata informazione. E non solo: le parole della giornalista «le più alte cariche dello Stato, il presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio, tutti uniti per risolvere il giallo» sono insieme attacco alla politica ma anche un invito a prendersi carico delle proprie responsabilità. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Sulla scena si intravedono gli esperti della Scientifica delle forze dell'ordine che effettuano i primi rilievi. Subito dopo il suono delle sirene annuncia l'arrivo di un’ambulanza, dove la salma verrà caricata. Mentre la barella viene introdotta nel veicolo, il braccio della vittima scivola da sotto il lenzuolo. C'è un tatuaggio, una scritta in maiuscolo a grandi lettere: IRISBUS. Le porte si chiudono e l'ambulanza procede la sua corsa. Le telecamere si spostano per mostrarne l'interno. Il lenzuolo si smuove ed è l'operaio-vittima a parlare: «Cari amici-dice «risorgendo»-non è il ballo il destino di un solo uomo ma quello di 700 operai e 2000 dell'indotto che stanno perdendo il posto di lavoro. Quello che stiamo raccontando non è un omicidio ma una strage di speranze. Questa è la fine per l'intera Alta Irpinia». Lo spot si chiude lanciando il suo provocatorio slogan: «700 operai Irisbus, 2000 operai dell'indotto Fiat, 3000 famiglie. Con l'Irisbus muore anche l'Irpinia». Un messaggio che dovrebbe colpire e sensibilizzare.
Nato da un'idea del giovane regista Roberto Flammia e di Carmine Caracciolo dell'associazione Irpiniattiva, il video è stato realizzato con la collaborazione della Pubblica Assistenza di Gesualdo. Alla macchina da presa Pino Biancardo, alla fotografia Vincenzo Fulchini, al trucco Lucia Forgione. Tutti gesualdini. Il popolo della rete e dei social network sta già diffondendo con velocità il video.L'ambizione dei promotori è raggiungere gli spazi mediatici dei telegiornali e dei programmi televisivi nazionali affinché il silenzio sul «Delitto Irisbus» venga colmato da una corretta ed equilibrata informazione. E non solo: le parole della giornalista «le più alte cariche dello Stato, il presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio, tutti uniti per risolvere il giallo» sono insieme attacco alla politica ma anche un invito a prendersi carico delle proprie responsabilità. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Loredana Zarrella
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