giovedì 5 aprile 2012

«L’arbëreshe patrimonio dell’umanità»

Lingua e identità: da Greci la richiesta all'Unesco per i canti e la musica degli albanofoni
DAL MATTINO DI AVELLINO 3 aprile 2012


Loredana Zarrella

È appena approdato all’Unesco il ricco dossier di candidatura per il riconoscimento della musica arbëreshe come patrimonio immateriale dell’umanità. Materiali sonori, video e pubblicazioni saranno vagliati con cura dal rinomato organismo internazionale con lo scopo di riscontrare nel fenomeno presentato i requisiti di diversità culturale e creatività umana, oltre che di bene in cui molte persone riconoscono la propria identità. È la prima volta che si chiede all’Unesco la candidatura di un bene di una minoranza. Un evento storico che vede protagonista Greci, l’unica comunità albanofona in Campania, per il bel patrimonio musicale trasmesso oralmente di generazione in generazione. La piccola comunità arbëreshe, guidata dal sindaco Bartolomeo Zoccano, ha infatti risposto prontamente all'appello lanciato dall’associazione «Kamastra» di Montecilfone, in provincia di Campobasso, che da decenni sostiene le attività di tutela e valorizzazione delle Minoranze linguistiche albanofone e croate del Molise. 


Partito da un’idea della sociologa Anna Maria Ragno e dell’avvocato Rossella De Rosa, il progetto ha trovato il pieno sostegno di numerosi partner, istituzionali e non. Oltre Greci, tra i primi firmatari del documento di adesione, l’assenso è stato deliberato in Molise dai Comuni di Montecilfone, Campomarino, Portocannone, Ururi e Termoli e, in provincia di Foggia, dal comune di Chieuti. Regione capofila della candidatura il Molise, sostenuta da Cosenza e Campobasso, le province, in Italia, con il maggior numero di comuni albanofoni. Pieno appoggio è arrivato anche dall’Albania, sull’altra sponda dell’Adriatico, da cui, dopo la morte del condottiero Giorgio Castriota Scanderbeg e a seguito dell’espansione dell’impero Ottomano, molti profughi partirono alla volta dell’Italia. Gli esodi dalla patria portarono, nelle regioni meridionale dello Stivale, un popolo fiero del proprio patrimonio culturale, tra cui un repertorio musicale costantemente ricreato per circa cinque secoli, in risposta anche al nuovo ambiente. Consapevoli di questa ricchezza in note, trasmessa oralmente, hanno abbracciato lo spirito dell’iniziativa anche l’ambasciatore della Repubblica d’Albania in Italia, Llesh Kola, e, in filo diretto, nel Paese delle Aquile, il direttore generale della televisione albanese, il direttore dell’archivio di Stato, il presidente dell’Accademia nazionale delle Arti e delle Scienze, musicologi e artisti.
   Tra i componenti del comitato scientifico che ha lavorato al progetto seguendo le direttive del formulario Unesco, Italo Costante Fortino dell’Istituto Universitario Orientale di Napoli, Onorato Bucci dell'Università degli Studi del Molise, Fernanda Pugliese, storica della minoranza arbëreshe e fondatrice dell’associazione Kamastra, l’artista Silvana Licursi, Anna Maria Ragno e Rossella De Rosa. La candidatura all'Unesco si configura «come un’operazione culturale che ha lo scopo di riconoscere alla musica arbëreshe, di cui si sono nutrite intere generazioni, il suo ruolo sociale e culturale, ritenendolo come mezzo privilegiato di trasmissione dei saperi», spiega Fernanda Pugliese. «L’iniziativa - continua - vuole rappresentare un riconoscimento al ruolo che la musica ha avuto nel solco del tempo, accompagnando l’individuo e il gruppo sociale di appartenenza in ogni momento della vita, dalla nascita al matrimonio, fino alla maggiore età e alla sua senescenza».
   A Greci-Katundi, tra i canti ancora ricordati e intonati, ci sono il Uait ima, il lamento funebre, e la Kalimera, la Passione di Cristo che viene recitata il Venerdì Santo, al rientro dalla processione. «Mentre negli altri paesi arbëreshe la Kalimera viene eseguita, fuori dalla chiesa, la domenica delle Palme, noi, a Greci, l’abbiamo inserita nel contesto liturgico. Viene cantata con una forma antifonale che deriva dal 1200: c’è un cantore che intona e l’assemblea che risponde» spiega il maestro Leonardo Antonio Di Chiara che ha messo in musica e raccolto in una pubblicazione i canti grecesi per non farli cadere nell’oblio. «Il Uait ima tramandato a Greci - continua il musicista - è il canto più perfetto, scritto, e anche musicato, per mettere un sigillo a un evento tragico, la morte di una giovane sposa il giorno stesso del matrimonio. Chi l’ha scritto ha utilizzato una tonalità del fa minore che i grandi compositori di musica hanno utilizzato per esprimere un grande dolore. Inizia con tre note simili alla quinta sinfonia di Beethoven. Il canto originale delle anziane di Greci era invece un recitato cantato, si parlava, si facevano delle urla, poi c'era una bozza di melodia, infine si tornava al pianto e alla disperazione».
   A Greci e negli altri paesi albanofoni i canti consentono il mantenimento della lingua minoritaria. Un motivo in più per inserire la musica arbëreshe tra i capolavori del patrimonio culturale immateriale dell’umanità, sotto l’egida delle Nazioni Unite. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Il racconto della Passione, la Kalimera del Venerdì Santo

Una cantante solista e un coro per il canto arbëreshe della Kalimera il Venerdì Santo nella chiesa madre di Greci. Un canto epico, struggente , commovente che il parroco don Salvatore Olivieri, napoletano, ha voluto fortemente rilanciare in questi ultimi anni. Si narra la passione di Gesù, dall’Ultima cena fino alla morte in croce. E alla fine una preghiera di eccellente creazione lirica, intrisa di possente sentimento: 81 strofe che la solista canta a cappella, mentre il coro si limita a ripetere l’ultimo verso di ogni strofa, una sorta di esecuzione antifonale di grande effetto. La Kalimera è quasi simile alla Lauda, canzone spirituale in lingua volgare di carattere popolare, religiosa ma non liturgica, fiorita tra il 1200 e il 1700. Un canto monodico, con una melodia nella quale traspare un moderno senso della tonalità unito a un progressivo distacco dalle modalità ecclesiastiche. La Kalimera comincia con un invito alla riflessione sulla sofferenza di Gesù, mentre solo dalla terza strofa comincia la narrazione vera e propria della passione: «Ed or che è giunta Pasqua, v’ho da raccontare della Passione, quante ne patì quel ragazzo, ascoltate con devozione». © RIPRODUZIONE RISERVATA

1 commento:

  1. Grazie, Loredana, per il bellissimo articolo e l'approfondimento che hai dedicato alla Kalimera del Venerdì Santo. Anna M. Ragno per l'Ass. Kamastra

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