sabato 5 marzo 2011

Una città senza vetrine

Centri commerciali naturali per la riconquista dei centri storici

Mentre le città si svuotano e spengono le loro vetrine, i centri commerciali divorano ogni giorno migliaia di consumatori, attratti da una nuova architettura di luci e colori. Per contrastare l’avanzata delle città artificiali si sono schierate in campo le associazioni di categoria con i Comuni e i commercianti, sotto un comune urlo di battaglia: restituire ai centri urbani la funzione di luoghi di incontro, crocevia di scambi economici, sociali e culturali. E per farlo hanno deciso di adottare il sistema dei “centri commerciali naturali”, aggregazioni di artigiani e commercianti con un piano comune di marketing. Un progetto ambizioso che in alcune regioni, come la Campania, è ancora in fase sperimentale. da La Nuova Regione

Dimenticate fontane e piazze artificiali, piante e fiori di plastica, scale mobili e luci accecanti. Per evitare che i centri urbani si svuotino a vantaggio delle città artificiali, ossia di centri commerciali e outlet, è necessario avviare una politica integrata di riqualificazione dell’urbano. E’ la proposta di Confcommercio e Confesercenti, entrambe schierate sulla stessa linea, insieme ai Comuni, a commercianti ed artigiani, per la riconquista della città. La parola d’ordine per sfondare le porte del degrado e dell’inattività è “centro commerciale naturale”, il sistema di aggregazione in forma consortile tra esercizi commerciali che si trovano nella stessa aera urbana. Un modo per contrastare le grandi strutture di vendita che hanno da tempo invaso le periferie e attirano ogni giorno, festivi compresi, migliaia di visitatori.
In Campania la graduatoria provvisoria, per l’annualità 2009, dei beneficiari per la realizzazione dei Centri commerciali naturali è stata pubblicata sul Burc il 3 gennaio scorso e si attende a giorni la pubblicazione della graduatoria definitiva. Dalla Regione intanto, la dott.ssa Paola Viggiani fa sapere che il Ministero deve ancora dare una risposta per l’avvio della seconda annualità. Al bando hanno avuto accesso sia i Comuni sia i Consorzi di imprese.
Il sistema intende rilanciare il commercio nelle aree urbane attraverso la creazione di un centro commerciale “a cielo aperto” con politiche comuni di marketing e comunicazione, con la creazione di eventi, l’offerta di promozioni e la riqualificazione delle strutture architettoniche. Le risorse però non bastano per tutti e c’è già polemica sulla mancata spesa dei fondi europei destinati allo sviluppo regionale.

Già diffusi in Europa e in altre regioni, i centri commerciali naturali sono stati istituiti in Campania con

Centro Commerciale
legge regionale n.1 del 19 gennaio del 2009 dove all’art.3, comma 4, possiamo leggerne la definizione: “l'aggregazione di esercizi di vicinato, di medie strutture di vendita, di pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, di imprese artigiane, turistiche e di servizi, sviluppatesi spontaneamente in aree urbane che, mediante una propria autonoma struttura organizzativa, si pone quale soggetto di un'unica offerta integrata per favorire la crescita della domanda, per personalizzare e fidelizzare il servizio reso ai consumatori, nonché per realizzare una politica comune di sviluppo e di promozione del territorio interessato”.
A due anni dall’istituzione di questa nuova figura giuridica il panorama economico regionale vede ancora la prevalenza delle grandi superfici di vendita. Secondo Domenico Marzaioli della Confcommercio «bisogna invertire la tendenza e sostenere , attraverso la cosiddetta economia urbana, la rigenerazione dei centri colpiti dalle grandi infrastrutture come gli outlet, luoghi artificiali che sottraggono una funzione tipica dell’urbano, non luoghi che sono ormai spazi di incontro non solo economico ma anche sociale e culturale».

Riappropriarsi della città: è questa la missione. Contrastare, per Marzaioli, soprattutto quella che tecnicamente viene chiamata “evasione di utenza verso l’esterno”: cittadini attirati dai nuovi luoghi artificiali non solo per fare shopping ma anche per incontrarsi e passare il proprio tempo libero. Senza contare lo svantaggio di quella parte di cittadini che viene lasciata fuori perché è difficile per loro spostarsi, come anziani, bambini e disabili e che rappresentano, in Campania, il 40% dell’utenza.
Outlet e centri commerciali sono oggi in pratica i surrogati delle nostre città e hanno sostituito strade e palazzi storici, aree archeologiche e botteghe. Senza le vetrine dei negozi le città si svuotano e perdono la loro l’intrinseca caratteristica che è quella di essere, oltre luoghi di incontro, anche quelli del consumo, delle luci e dei colori. Le “metropoli” vanno perdendo i connotati acquisiti già a partire dalla seconda metà del XIX, quando le vetrine dei negozi e le insegne luminose erano il tratto dominante del paesaggio della città industriale. Sono i grandi centri commerciali oggi le nuove macchine dei sogni, dove la merce è lo spettacolo permanente e dove passeggiano, tra le moderne architetture della luce, gli attuali consumatori, spinti troppo spesso a muoversi per l’isolamento del proprio quartiere, nelle città così come nei piccoli paesi.

Il sistema di sostegno alla rinascita dell’economia urbana esiste ma si potrebbe fare di più secondo la Confcommercio che propone di creare un’integrazione tra le azioni dei privati con le amministrazioni pubbliche. Attualmente i soggetti privati hanno una loro graduatoria e le amministrazioni pubbliche fanno le loro iniziative. «Andrebbe invece inserito un meccanismo di premialità reciproca per cui dovrebbero essere premiate le amministrazioni sostenute da iniziative private», sostiene Marzaioli. I tavoli di concertazione non sono mancati e la Regione si è sempre mostrata disposta ad accogliere rilievi in tal senso. Eppure le critiche non si sono fatte attendere e sia da Confcommercio sia da Confesercenti riguardano la quantità delle risorse per lo sviluppo del territorio. Per Domenico Marzaioli solo se si realizzano anche i piani integrati urbani si può avere un cambiamento importante. Le risorse statali e regionali (14,5 milioni di euro in tre anni) non sono sufficienti. Dello stesso avviso Pasquale Giglio della Confesercenti: «C’è un ritardo enorme per quanto riguarda l’utilizzo dei fondi strutturali nella nostra Regione, il 50% dei fondi previsti dalla Comunità europea andrà perso; le altre Regioni sono invece già partite con i bandi».
Se è certo che le città devono essere organizzate dal punto di vista delle infrastrutture e dei servizi per poter accogliere una rete commerciale efficiente e superare il divario con le città artificiali, solo una sinergia tra associazioni di categoria, Comuni e Regione potrà scongiurare la maledizione di una città senza vetrine.

Loredana Zarrella

28/02/2011

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